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La verità contro la menzogna: la crisi del giornalismo di inchiesta

Nel pomeriggio di venerdì 8 aprile 2022, presso lo Zō – Centro Culture Contemporanee, a Catania, è stato assegnato al giornalista de l’Espresso, Paolo Biondani, il premio giornalistico Giuseppe Fava “Nient’altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie”. La premiazione è avvenuta al termine dell’incontro dal titolo “Menzogne d’autore: il giornalismo d’inchiesta tra verità, silenzi e depistaggi”, durante il quale sono intervenuti, insieme a Biondani, anche Attilio Bolzoni, Michele Gambino e Claudio Fava.

L’edizione 2022, che si sarebbe dovuta svolgere, come di consueto, il 5 gennaio, era stata rinviata a causa dell’aumento dei contagi da Covid e delle restrizioni sugli eventi in presenza. “Davanti a questa necessità di spostare la data consueta del Premio – ha spiegato nella sua introduzione la Presidente della Fondazione Fava, Francesca Andreozzi – abbiamo optato per l’8 aprile, che è una data per noi importante, visto che 20 anni fa, proprio in questo giorno, nasceva ufficialmente la nostra Fondazione”.

Degli inizi di questa storia lunga vent’anni ha parlato anche Maria Teresa Ciancio, che della Fondazione Fava è la storica vice presidente e che l’8 aprile del 2002 era a Grammichele insieme a Elena Fava, Antonio Pioletti e Antonio Roccuzzo, da un notaio, a siglare la costituzione di questo importante soggetto di cultura e promozione della cultura antimafia: “Era per noi una scommessa, fatta in mezzo a mille difficoltà e a una Catania ostile.

Volevamo impedire che Giuseppe Fava morisse nuovamente, perché fino a 20 anni fa nessuno poteva leggere un suo scritto, se non quei pochi che riuscivano a trovare qualche libro un una bancarella. A distanza di 20 anni, grazie al lavoro, all’archivio, che è fondamentale per un autore di questo calibro, tutto è cambiato.

Manca ancora solo un pezzo di quella scommessa, alla quale stiamo lavorando, ossia mettere in scena tutta l’opera teatrale di Fava”. Una storia lunga e ricca di tanti volti, momenti, premi. Un breve video, montato dal regista Giuseppe Consales, ha ripercorso questi venti anni, per poi dare spazio all’avvio dell’incontro/dibattito.

 

 

 

 

Claudio Fava ha introdotto il tema della discussione, facendo tre ipotesi per spiegare la crisi del giornalismo d’inchiesta e spiegando come è cambiata l’idea della professione giornalistica, come sono cambiati i giornalisti e forse anche i lettori.

È stato Attilio Bolzoni, con la sua grande esperienza, a provare per primo a rispondere, sottolineando come i giovani giornalisti sono ormai “operai di una catena di montaggio, nella quale non si sa cosa sia una fonte, cosa sia un riscontro.

E non sono solo i ragazzi, non è un problema generazionale, sono tantissimi colleghi di ogni età a fare così”. Per Bolzoni, il giornalismo di qualità “diventerà sempre più di nicchia. Ma può resistere e può ancora fare la differenza”. Per Michele Gambino, ex redattore de I Siciliani, i giornalisti nel nostro Paese hanno raccontato tutto e anche bene, andando oltre muri di gomma che coprivano molti misteri e molte vicende controverse. “Non è il giornalista il vero problema, ma la scarsa indignazione dell’opinione pubblica, l’assenza di una soglia minima di indignazione. Abbiamo svelato le cose più compromettenti, ma la gente in gran parte ha continuato a comportarsi come se nulla fosse, a votare gli stessi personaggi di cui abbiamo rivelato i misfatti”.

 

 

Con Paolo Biondani è stato affrontato il delicato tema della vendita de l’Espresso, ceduto a un editore che non ha nelle corde la tradizione editoriale del celebre settimanale di inchiesta. ” Stiamo vivendo male la vicenda Espresso. Al di là di chi l’ha acquistata, sul quale già è stato scritto molto, la cosa peggiore è la svendita. Siamo stati svenduti, senza nemmeno essere informati, hanno tenuto nascosta il più a lungo possibile questa operazione”.

Nel corso del dibattito si è parlato anche della vicenda del processo sulla strage di via D’Amelio e dei relativi depistaggi, di come la stampa si sia rapportata male a questa vicenda e delle sue gravi responsabilità. Paolo Biondani, ha sottolineato anche come sia pericoloso che “giornalismo di inchiesta e magistratura, che in una democrazia controbilanciano il potere politico, in questo momento storico, siano in crisi”.

Alla fine dell’incontro, la presidente Francesca Andreozzi ha consegnato materialmente a Biondani il premio, con la seguente motivazione: “Paolo Biondani, firma di punta dell’Espresso e interprete autorevole del miglior giornalismo d’inchiesta, dai disvelamenti su extraordinary renditions e servizi deviati all’indagine sui presunti fondi neri della Lega. Quel giornalismo che deve possedere – come insegnava Giuseppe Fava – una sola stella polare: la ricerca della verità”. Il cronista de l’Espresso ha ringraziato definendosi onorato per questo riconoscimento: “Fava per me è un eroe civile. Per me è un mito, un grande giornalista che ha saputo scrivere di mafia, denunciare il sistema mafioso in un tempo e in una Catania nella quale la magistratura era collusa con la criminalità”

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