La pittura come documento, racconto e denuncia

La pittura per Giuseppe Fava (Palazzolo Acreide 1925 – Catania 1984), giornalista ucciso per mano della mafia il 5 gennaio del 1984, era un mezzo di comunicazione, un modo efficace per descrivere la Sicilia, i suoi abitanti e le sue piaghe profonde: colori intensi, figure che grandeggiano sul primo piano delle tele e sguardi penetranti per raccontare gli animi; case povere addossate tra loro e maestose chiese barocche per ricordare i contrasti di questa terra, affascinante e complicata.

Fava osservava tutto con attenzione per poi raccontare senza timore e della sua isola seppe cogliere quella recondita bellezza, nascosta talvolta dietro le apparenze.

Dalla metà degli anni Settanta il desiderio di fare della pittura uno strumento di denuncia sociale diventò per l’autore sempre più urgente e lo combinò ad una originale analisi delle fonti: volti minacciosi e sgradevoli, malvagi nei profili marcati per parlare di malaffare e corruzione e per descrivere quel tempo storico costellato di morti e di mandanti mafiosi. 

La forza espressiva della sua opera pittorica, distribuita su un arco di tempo che va dalla fine degli anni Cinquanta ai primi degli Ottanta, si unisce a quella della produzione letteraria e una originale galleria di personaggi ci viene presentata dall’artista: figure malinconiche, sofferenti, aggressive, bizzarre o surreali  si muovono dai romanzi alla pittura, dalle inchieste alle incisioni, dai racconti ai disegni ed ognuna di loro ci racconta qualcosa; noi dobbiamo guardarle e porci in ascolto.

“Questa monografia è il prodotto della splendida collaborazione con la Fondazione Fava, il Prof. Giuseppe Maria Andreozzi, mio costante e generoso interlocutore, e soprattutto di un incontro importante. Mi riferisco a quello avvenuto nel 2014 con Elena Fava, durante uno dei suoi soggiorni a Padova. Di quel momento ricordo tutto, ma in particolare conservo memoria della forza e determinazione di Elena che vinse subito la mia nota riservatezza fino a coinvolgermi nell’analisi della produzione pittorica di Giuseppe Fava.

Ho condotto questo studio con entusiasmo e sono molti i motivi che mi rendono orgogliosa di averlo portato a conclusione: la scoperta di un intellettuale poliedrico e appassionato; l’incontro di un uomo che aveva ideali di cui oggi sentiamo la mancanza; l’analisi di un artista che mi ha sedotto per la sua conoscenza dell’arte. Ma soprattutto spero di aver rispettato gli intenti, i desideri e le aspettative di Elena Fava. A lei ed alla Fondazione vanno i miei più caldi ringraziamenti.”

Giovanna Mori