L’ultima estate senza i missili

Ultima estate senza missili

da “I Siciliani”, settembre 1983

Quella che segue è la piccola storia, anzi il documento di una sconfitta, patita dai siciliani per nome e per conto degli italiani e degli europei. L’estate che volge al termine è infatti l’ultima estate che i siciliani vivono senza i missili atomici, cioè ancora con la speranza che, nel caso di guerra fra le grandi potenze, la Sicilia possa essere esclusa dai bersagli nucleari. La prossima estate sarà diversa: nella coscienza di tutti i siciliani, ricchi o poveri, geni o imbecilli, onest’uomini o lazzaroni, ci sarà la certezza dell’olocausto atomico in caso di conflitto. Una certezza di morte che resterà piantata nell’anima di questa generazione e di tutte le generazioni che verranno. La gente siciliana riderà e accumulerà quattrini, ma avrà piantata nell’anima questa certezza: se scoppia una guerra io, la mia famiglia, la mia roba, i miei soldi, le mie case, le mie risate e le risate dei miei amici, tutto questo morirà e sparirà in un lampo. Certo la gente siciliana continuerà a innamorarsi, e patire gelosie, sentimenti, infelicità e sogni, farà all’amore e concepirà figli, e li metterà al mondo, e insegnerà loro le prime parole, spiegherà loro: questo è l’azzurro e questo il rosso, figlio mio, questo è il sole e questa la notte, e questa l’alba, il ruscello, la musica, l’erba, il fiore, il carabiniere, il prete, le montagne, il mare, ma avrà piantata nell’anima quella certezza: se scoppia una guerra, l’azzurro e il rosso, l’erba, i fiori, la musica, il carabiniere e il mare, e tutte le cose che ho spiegato a mio figlio, ed anche mio figlio, tutto morirà e sparirà in un lampo. La prossima estate i bambini che ora hanno cinque, otto, dieci anni, acquisiranno l’incontestabile diritto, fra quindici, venti o trent’anni, a sputare in faccia ai loro padri, chiedendogli: e Tu, quando decisero di installare i missili a Comiso e quindi – per qualsiasi futura guerra mondiale – di offrirci al sicuro sacrificio atomico, Tu dov’eri?
Questa è la cronaca e quindi il documento di una sconfitta! E’ inutile che stiamo ancora qui ad ingannarci con cose vecchie e inutili: il generoso slancio delle popolazioni siciliane, la passione di migliaia di giovani accorsi da tutta Italia, la coscienza civile della gente di Comiso, le veementi polemiche in Parlamento, ed altre inutili e sapute cose. Se vogliamo valutare la tragica vastità della sconfitta, bisogna avere l’onesto coraggio di guardare le cose come veramente accadono. Nella realtà l’opinione pubblica siciliana, quella erede dei Vespri e dei picciotti garibaldini, è rimasta inerte e sonnolenta dinnanzi all’evento; assume sinistra verosimiglianza la battuta del Gattopardo, il quale diceva all’emissario piemontese: i siciliani hanno la presupponenza di essere i migliori e d’aver vissuto, per migliaia di anni, tutto quello che c’era da vivere, e così rassomigliano alla vecchia paralitica condotta in carrozzella ad ammirare le meraviglie della tecnica all’esposizione universale della scienza, ma in verità essa, però, agogna soltanto d’essere ricondotta al suo giaciglio di casa e al suo orinale!
Questo popolo siciliano, che pure ha dato alla civiltà europea i più grandi narratori, scrittori di teatro, musicisti, scienziati, che per tremila anni è stato violentato dai barbari di tutta la terra e sempre è riuscito a sopravvivere, lui sempre vinto a tutti i vincitori, questo popolo così disperatamente legato alla vita, come nessun altro, capace di spogliarsi di un milione di suoi cittadini e mandarli emigranti per il mondo per aiutare a vincere il dolore e l’infelicità di tutti, evento di incredibile grandezza e bellezza umana, questo popolo è ancora convinto di poter stare dentro la storia lottando ognuno solo per il suo privato. Assume maligno significato anche quello che scrive uno dei più importanti giornali europei, il «Frankfurter Allgemeine Zeitung», e cioè che i siciliani sono sensibili e furiosamente si avventano contro chicchessia, solo quando viene messo in dubbio l’onore della madre o della sorella. Il resto, sia pure l’imminenza dell’apocalisse, non è affar loro! Che l’apocalisse avvenga, i siciliani poi riemergeranno dal buio della storia e continueranno ad esistere.
E’ inutile che stiamo qui ancora ad ingannarci. Migliaia di giovani sono venuti a Comiso da ogni parte d’Italia e d’Europa per protestare contro l’installazione dei missili, ed hanno fatto accampamenti attorno alla base NATO, assediato i cancelli, gridato slogan e suonato le chitarre, presi calci e mazzate dalla polizia, persino fermato per quarantott’ore i lavori di costruzione degli impianti, ma in verità buona metà di loro era discesa per una bella e appassionante estate in Sicilia, in quella gradevole valle degli Iblei. Si poteva suonar chitarra e fare all’amore, a venti chilometri c’era il mare, e dalla parte opposta Chiaramonte con la sua salsiccia e, per tre mesi, l’appassionante illusione di stare dentro una cosa che stava modificando la storia contemporanea. E invece la storia è passata anche sopra i loro patetici giorni di luglio e d’agosto, finché essi hanno smontato le tende e rimesso gli zaini in spalla, e sono scomparsi per le loro lontane città, migliaia di chilometri lontano da questa vallata degli Iblei, e la storia, quella futura, corazzata e intatta, ha continuato ad andare. Sconosciuti ingegneri che mai conosceremo hanno avvitato gli ultimi bulloni ai Cruise, e navi segrete accendevano già le macchine per attraversare l’Atlantico, misteriosi generali di cui non conosceremo mai l’identità, facevano gli ultimi calcoli per decidere come e a chi sarebbe toccato premere il bottone rosso; e in un altro mondo, sull’altra faccia della terra, altri scienziati e generali d’identità ancora più remota, completavano i calcoli per stabilire come e quando, e con quante testate nucleari, si poteva avere certezza di uccidere cinque milioni di siciliani.
Inutile che stiamo qui ad ingannarci e parlar di cose che vorremmo fossero, evitando di guardare quelle che invece esistono.
La buona gente di Comiso ha accettato i missili in casa. Taluni sono insorti ma sono stati sbeffeggiati, se avevano un partito spesso rinnegati dal loro stesso partito. I più hanno pensato a quanto sarebbe cresciuta di valore la terra, e quali potevano essere le aree fabbricabili, e quanti alberghi, motel, ristoranti, macchinette di war-game, bettole, botteghe di pizzicagnoli, appalti di trasporti, servizi, pulizie, potessero abbisognare agli americani, e quale dunque l’affare più lucroso, e come farsi pagare in dollari, qualcuno certo avrà persino riflettuto che l’ottanta per cento degli americani saranno giovani, e il cinquanta per cento scapoli, e segretamente sta già radunando ragazze per case d’appuntamento. Qualcuno s’è tanto incazzato degli oppositori che li ha presi addirittura a revolverate. La stampa quotidiana lo ha garbatamente definito un cittadino esasperato dai continui clamori. Quasi tutti i giornali hanno da pensare soprattutto all’onore delle madri e delle sorelle.
E noi dovremmo star ancora qui ad ingannarci?
Le polemiche in Parlamento, i veementi attacchi contro il governo per la clamorosa bastonatura dei dimostranti, le furenti richieste per il trasferimento del questore responsabile, la rivendicazione dell’inviolabile diritto del cittadino a dimostrare pacificamente per i propri ideali: tutti parlarono, a tutti rispose Craxi sornione affermando che il governo non avrebbe mai più permesso che pacifici giovani potessero essere brutalmente manganellati, e che nessuno tuttavia poteva illudersi di esercitare impunemente violenza contro le forze dello Stato. Perfetto! Per tre ore parlamento e governo appassionatamente duellarono su quella gragnuola di manganellate agli inermi pacifisti, ma nemmeno per un attimo in quella che pure era l’occasione perfetta (replica alle dichiarazioni di voto per il nuovo governo) si chiese e si dibatté cosa disperatamente si poteva ancora fare per impedire l’installazione della base atomica a Comiso.
Essi parlavano, cioè essi i facitori della storia italiana, il bene e il male, contentezza e infelicità di un popolo, la vita e la morte, e la storia passava anche su di loro, gli ingegneri continuavano ad avvitar bulloni, le navi partivano da misteriosi moli, Craxi sornione, Berlinguer sottile e dolente, Andreotti sorriso di pietra per aver finalmente sotterrato Fanfani, Zanone euforico, Pietro Longo felice che la mamma potesse guardarlo da ministro in televisione, Pannella sempre più somigliante a Pippo Baudo, Martelli cosí potente e tuttavia ancora sì teneramente giovane, e intanto la storia continuava a passare.
La maestà del parlamento italiano come il pudore morale della donna secondo Pitigrilli, il quale scrisse: quando la più orgogliosa delle donne è supina, con le gambe aperte sotto il peso del maschio, il suo residuo pudore morale ha lo stesso valore di un cartellino “Vietato fumare” appeso all’arco di trionfo sotto il quale passa la soldataglia nemica pazza di saccheggio.
Questa è l’ultima estate dei siciliani senza l’atomica. Al di là delle infinite, piccole, miserabili cose accadute o che stanno accadendo, questa è la storia di una sconfitta, tanto più amara quanto più brutale, e tanto più brutale in quanto ingloriosa e vile. Soprattutto infame perché nessuno ha realmente capito cosa tale sconfitta significhi.
A questo punto, allora, si tratta di accettarla per quello che rappresenta – una sconfitta siciliana – e ribellarsi tuttavia all’idea che essa possa diventare una definitiva sconfitta dell’uomo. Strapparla cioè finalmente dal nostro privato e porla come tragedia dell’umano. In altre parole la sconfitta di Comiso, pur drammaticamente esistenziale per tutti i Siciliani e tuttavia minuscola nel contesto storico contemporaneo, è soltanto un episodio dinnanzi alla ipotesi di guerra nucleare.
La proliferazione delle armi atomiche, sempre più spaventosamente precise e potenti, è tale infatti che, nel caso di un conflitto globale fra Russia e America, nel volgere di dieci minuti, un’immane ondata di fuoco percorrerebbe i continenti, distruggendo l’ottanta per cento della vita esistente: città, paesi, industrie, musei, cattedrali, tutto quello che l’uomo ha realizzato in decine di migliaia di anni, compresa quest’ultima generazione vivente, sparirebbe in un solo lampo.
Pochi superstiti, pazzi di dolore e terrore, emergerebbero dai rifugi di piombo, per agonizzare ancora per qualche mese nel deserto. L’ipotesi che l’uomo, questa superba creatura dell’universo, per un attimo di orgoglio, per un sinistro abbaglio di follia, possa suicidarsi, fare della terra una grande luna rovente e deserta, è forse nel conto di Dio o del diavolo, nei calcoli del loro infinito gioco per l’appropriazione dell’universo. E’ ipotesi verosimile.
Bene lo sanno Russia e America, scientificamente convinti che in una loro guerra non ci sarebbero vincitori e vinti. In questo senso (e non è questo forse un sintomo di probabile pazzia?) l’equilibrio del terrore, cioè la parità degli armamenti nucleari, ha rappresentato finora una tragica garanzia di pace. La evoluzione della scienza nucleare ha vanificato tuttavia anche questo miracoloso paradosso, consentendo a potenze di grado sempre più modesto di acquisire capacità tecniche nucleari tali da potere costruire, nel giro di pochi mesi o settimane, ordigni di incredibile potenza, sufficienti a distruggere una intera nazione. Almeno cinquanta potenze subalterne, Argentina, Giappone, Canadà, Australia, Brasile, Israele, Egitto, India, Corea, Vietnam, forse anche Turchia, Cile, Uruguay, Venezuela, Sud Africa, Kenia, sono tecnicamente in condizione di fabbricare ordigni atomici, mille volte più potenti della bomba di Hiroshima, e missili vettori capaci di portarli nel cuore di uno Stato nemico a cinquemila chilometri di distanza.
Al di là dell’ipotesi di un conflitto fra Russia e America, cioè fra est ed ovest, e quindi della catastrofe totale, il pericolo imminente è soprattutto quello di una tragica guerra convenzionale fra due potenze minori (Iran e Iraq ad esempio, Israele e Siria) che possa portare improvvisamente ad una degenerazione atomica, e da questa fatalmente, per degenerazioni sempre più alte e tragiche, ad una guerra mondiale. Al grande suicidio collettivo.
Contro questa ipotesi di morte c’è solo una ipotesi di salvezza: il disarmo atomico graduale, con una certezza assoluta di controllo, e contemporaneamente la impossibilità tecnica e politica che in qualsiasi altra parte del mondo possano essere costruite armi nucleari. C’è un aspetto tragico del problema ed è questo il punto: resta poco tempo per risolverlo, forse pochissimi anni, due o tre appena. Allo stato attuale infatti esistono ordigni tecnici, satelliti e aerei spia, in condizione di controllare dall’una parte e dall’altra gli arsenali nucleari delle grandi potenze. La denuclearizzazione può essere garantita. La micidiale evoluzione della scienza atomica e missilistica potrebbe tuttavia rendere presto impossibile questo controllo, anche a livello di ipotesi. Ad esempio i Cruise, per la loro ridotta dimensione, poco più di sei metri di lunghezza e sessanta centimetri di diametro, possono essere imboscati dovunque, in un burrone, una foresta, una caverna, una vecchia chiesa, un capannone industriale. Possono sfuggire a qualsiasi controllo. C’è una ipotesi da fantascienza criminale, tuttavia perfettamente verosimile, e cioè di un gruppo mafioso o terrorista che riesca a detenere dieci Cruise: li potrebbe intanare in una vecchia fattoria, un magazzino sperduto, persino in un garage al centro della città. Potrebbe ricattare un continente. Viviamo già dentro il terribile futuro e non ce ne rendiamo conto, non abbiamo nemmeno i James Bond che potrebbero salvarci, non riusciamo a disarmare i mafiosi nemmeno dei Kalashnikoff, figuriamoci!
Ecco, fra due, tre, cinque anni, decine di piccole potenze saranno probabilmente nelle condizioni tecniche di potersi fabbricare missili Cruise con testata atomica. Quel giorno il disarmo nucleare non sarà più possibile, perché non più controllabile, tutta l’umanità vivrà su un’immane polveriera, alla mercé di un qualsiasi tirannello sudamericano, balcanico, mediorientale, asiatico, africano. Guardate la mappa delle piccole, ferocissime guerre che si stanno combattendo in questo momento sulla terra: vi sono impegnati uomini di Stato sufficientemente crudeli e dementi da reagire alla imminenza di una disfatta con un assalto atomico.
Allora, dinnanzi a questa ipotesi che è appena dietro l’angolo della nostra esistenza, e comunque mortalmente dentro l’esistenza dei nostri figli, la sconfitta di Comiso, pur così apparentemente sparuta nel grande gioco della politica mondiale, assume una sinistra, immensa importanza: a Comiso stanno per essere montati appunto i micidiali Cruise! Uno degli ultimi lampi prima della tempesta. Che poi sarebbe l’apocalisse. Se questo non lo capiscono tutti gli uomini, il bottegaio di Comiso e il Presidente del consiglio Craxi, il politico palermitano e l’industriale di Milano, il barbiere di Agrigento e lo studente di Napoli, tutti, tutti, il mafioso e il giudice, il camorrista e il carabiniere, il bracciante e il generale, il borsaiolo e il medico, allora significa che viviamo irreparabilmente in un mondo di dissennati imbecilli, in una generazione demente che prepara il grande olocausto: un grande mucchio urlante sullo stesso autobus lanciato verso l’abisso e ognuno, occhi minacciosi e mani protese, angosciato solo di tappare gli inverecondi buchi di madri e sorelle per proteggerne l’onore.
Questa è dunque la cronaca e il documento di una sconfitta patita dai siciliani a Comiso, la cronaca dell’ultima estate prima dei missili atomici. E da questa estate, da Comiso appunto, dovrebbe partire la rivoluzione umana, una immensa, dilagante rivoluzione morale, civile, politica, al di là di tutti gli ideali che non siano quelli dell’uomo e della vita, ben al di là degli interessi di qualsiasi partito o movimento politico, affinché almeno i governi europei siano costretti a subire, cioè riconoscere e tradurre in atti politici, questa immensa rivolta popolare. Non bastano i campus, le marce della pace, i sit-in, gli scioperi della fame, gli assedi alle basi NATO, le chitarre, i cartelli, dinnanzi a queste infinitesime cose ride l’intelligenza maligna che sta conducendo il mondo alla morte. E’ necessaria un’azione che coinvolga ogni volta un intero popolo, milioni di persone, siano essi siciliani, piemontesi, liguri, napoletani, o comunisti, democristiani, socialisti, liberali, repubblicani, tutti però legati alla medesima idea di vita. Le ultime elezioni sono state una drammatica occasione perduta: si sarebbero dovuti eleggere al Parlamento soltanto uomini che, ognuno fedele al proprio schieramento politico, assumessero tuttavia impegno di portare in parlamento, prima d’ogni altra, la battaglia per il disarmo nucleare. In Italia, come in Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Spagna, Olanda, Belgio, Svezia. Questa può essere già una decisiva arma pacifica in una rivoluzione che, essendo fatta per la salvezza dell’uomo, al limite, potrebbe anche riconoscere morale qualsiasi altra maniera di combattere.
Questa è la cronaca della sconfitta di Comiso, ma è anche il grido di una ribellione che ogni uomo dovrebbe sentire nell’anima. Lo affidiamo ai siciliani, ancora una volta sconfitti dalla storia, e a tutti gli altri uomini che capiscono d’essere rimasti sconfitti insieme ai siciliani. Lo scienziato americano Jonathan Shell, spiegando perché proprio i Cruise rappresentino una svolta della storia nucleare, ha disegnato il perfetto teorema della morte atomica: è come se d’un tratto l’umanità si fosse allontanata mille miglia dalla sua salvezza.
Da qui l’urgenza disperata della lotta. Tutto in realtà sembra compromesso dalla stupidità e dalla pazzia. Lo stesso siciliano contento, che arma bottega e bordello a Comiso, in vista dell’installazione della base atomica, ne è la rappresentazione vivente. Ma Jonathan Shell cita Gramsci: il pessimismo della ragione e l’ottimismo della buona volontà. Quando la vita è in gioco!

A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare