4 Gennaio 2015 – Catania Palazzo della Cultura
Nessuna cerimonia sarà veramente e pienamente sufficiente e adeguata finché l’insegnamento e l’esempio di Giuseppe Fava non entreranno stabilmente e durevolmente nella vita e nella coscienza della comunità, e finché la sua opera non diventerà materia di studio e di riflessione nelle scuole e nelle università. Un percorso già iniziato in alcune città italiane, e che è necessario si attivi anche in Sicilia e nella nostra Catania.
Con queste parole Nino Milazzo, Presidente del Teatro Stabile di Catania, ha presentato il pomeriggio di approfondimento teatrale che ha aperto le manifestazioni per il 31° anniversario dell’assassinio mafioso di Giuseppe Fava.
Il recital de “Il Proboviro” è stato introdotto da Elena Fava, che ha letto l’articolo del 1972, con cui Giuseppe Fava presentò alla città la sua più recente fatica. “Ispirata si all’Ispettore Generale di Gogol, ma pienamente calata nella realtà della Catania e dell’Italia degli anni ’70, tanto da renderla totalmente autonoma”.
Sergio Sciacca, ha inquadrato il contesto letterario e sociale nel quale maturò la scrittura del Proboviro, sottolineando come le diverse stesure più volte attuate dall’autore e, soprattutto, le varie didascalie con cui egli arricchiva il testo, rappresentino “il servizio fotografico più autentico e tagliente sull’amministrazione della Sicilia e di Catania”.
È seguita la lettura di una sapiente riduzione dell’opera, realizzata dal registra Federico Magnano di S. Lio e messa in scena dagli attori Giampaolo Romania, Aldo Toscano, Liliana Lo Furno, Camillo Mascolino, Francesco Russo, Federico Fiorenza.
Una realtà squallida di malcostume – proseguiva Fava nella presentazione del ’72 – rappresentabile come tragedia … ma ho voluto farne una commedia, un divertimento teatrale. Schierare davanti a me i personaggi drammatici, amari, violenti del nostro tempo, e scriverne un’opera buffa. Meglio se poi la risata non riuscirà a spegnere la commozione”.
Quarant’anni dopo, il Proboviro, l’Opera Buffa sugli Italiani, brucia ancora, anche alle più moderate e accomodanti coscienze civili.