Nella sempre suggestiva cornice della Corte Mariella Lo Giudice, a Palazzo della Cultura a Catania, si è celebrato il 95° anniversario della nascita di Giuseppe Fava, dedicato quest’anno alla presentazione dell’archivio del giornalista, scrittore, drammaturgo.
Francesca Andreozzi, Presidente della Fondazione Fava, ha aperto la serata con i ringraziamenti di rito all’Assessorato alla Cultura, agli attori Alessandra Costanzo, Riccardo Maria Tarci, Angelo Tosto e Orazio Torrisi, ai ragazzi che stanno effettuando il servizio civile presso il Giardino di Scidà (bene confiscato alla mafia) e che hanno prestato la loro opera curando l’accesso contingentato a causa del Covid-19, allo staff tecnico del Teatro Stabile di Catania. Subito dopo è stato proiettato un breve video di saluto inviato da Leo Gullotta, che ha sottolineato, tra l’altro, come l’impegno e la testimonianza alle idee di Pippo Fava non devono esaurirsi nei giorni canonici delle celebrazioni, ma devono essere un impegno quotidiano della società civile, che deve ricominciare ad indignarsi per le nefandezze da cui siamo quotidianamente circondati.
La presentazione dell’archivio di Giuseppe Fava (riconosciuto di interesse culturale dalla Soprintendenza Archivistica della Sicilia, Archivio di Stato di Palermo, con decreto n. 71 del 26 giugno 2018) è stata affidata a Giuseppe M. Andreozzi che ne è il responsabile e conservatore. Un fil rouge che, iniziando da un articolo pubblicato da Antonio Roccuzzo il 27 dicembre 2015 su Repubblica in ricordo di Elena Fava, attraverso la proiezione di vari documenti, dalle pagelle scolastiche alla tesi di laurea, ha illustrato agli spettatori peculiarità e aneddoti che coprono quarant’anni di vita professionale e artistica di Giuseppe Fava. Prendendo spunto dalla cronologia dei documenti, il relatore ha proiettato anche riproduzioni di testi inediti, passando, di volta in volta, la parola agli attori che hanno fatto rivivere racconti e articoli di Giuseppe Fava.
Tra le prime stesure, è stato letto il racconto Vincenzo Adamo, del 1953. Un uomo è ucciso, e la società mette in moto tutti i mezzi di cui dispone (la stampa, la polizia, la magistratura, la scienza) per rendergli giustizia. Un tema molto caro a Fava che lo ha affrontato più volte negli anni ’50, dal quale trasse poi la pièce teatrale Uomini in tondo sei.
È seguito un rapido excursus sui documenti teatrali, in particolare sui numerosi copioni de La violenza, dalla quale sono tratti le due frasi più celebri di Fava: «… quanto vale la vita di un uomo in questo Paese?» (Rosalia Savoca, vedova Alicata), e «… a che serve essere vivi, se non si ha il coraggio di lottare?» (Monologo di Venero Alicata). Il relatore si è soffermato sull’aneddoto relativo al monologo, che non è presente nei vari copioni né nei testi pubblicati dell’opera, ma che è stato scritto, solo al momento di andare in scena, su misura per un giovane attore che iniziava a calcare il palcoscenico; Leo Gullotta.
Andreozzi ha poi illustrato l’archivio della sezione giornalistica, mostrando un articolo del 1948 (Giornale dell’Isola) sul teatro greco di Palazzolo Acreide, la rubrica Microscopio (che non è nata, come si pensava, con Espresso Sera ma quando Fava lavorava al Corriere di Sicilia, e la rubrica Pagine.
Da Pagine è stato letto il brano Quella estate, non incluso nell’omonimo libro (e dunque quasi un inedito) ma incluso nel libro DONNA col titolo di Nostalgia.
Dopo aver ricordato diverse sottoserie giornalistiche, come le recensioni cinematografiche, Processo alla Sicilia e Processo ai Siciliani, Sicilia Segreta e altre, ci si è soffermati sul Giornale del Sud.
Orazio Torrisi ha letto l’articolo Il giornale, la giustizia, la libertà e gli imbecilli, nel quale Fava immagina in colloquio col suo alter ego Politicus e dal quale scaturisce tutta la colta arguzia, l’autoironia e la sempre presente denuncia di Fava.
L’ultima parte della presentazione è stata dedicata alla serie Progetti di Attività, che data dal 1951 al 1983, e il relatore ha concluso mostrando l’ultima lettera progettuale di Fava, indirizzata a Taormina Arte 1984, con la quale egli proponeva per l’estate 1984 una nuova opera intitolata Il Sogno, tratta da Gli Uccelli di Aristofane…
La lettera è datata 27 dicembre 1983; l’indomani sarebbe andata in onda l’intervista di Enzo Biagi. Ciò che accadde nella settimana seguente è noto a tutti, ha ricordato Andreozzi.
Chissà quanti altri meravigliosi regali ci avrebbe fatto Giuseppe Fava, senza quelle maledette cinque pallottole…