Sono i titoli di due articoli pubblicati da Giuseppe Fava sul quartiere di San Berillo, ritrovati nei faldoni conservati dalla figlia Elena per più di trent’anni nel proprio garage.
Il primo, pubblicato il tra il 1952 e il 1954 sul Giornale dell’Isola (rubrica Città segreta), nel momento in cui Catania discute sul suo risanamento. L’occhiello de Il vecchio quartiere recita: … guardando queste vecchie case che dovranno morire ci si accorge che nel progresso talvolta si smarrisce la vera poesia del vivere umano. È uno struggente racconto della vita del quartiere che, seppure segnato nelle mappe della questura con un cerchio rosso, non è solo il quartiere dei postriboli, ma ospita anche le abitazioni di professionisti, impiegati, artigiani (come dimenticare i mastri liutai catanesi i cui mandolini, ancora negli anni ’50, erano esportati in tutto il mondo). Un quartiere nel quale il ritmo della vita scorre ancora lento, quasi anacronistico col ritmo nuovo imposto dal progresso, ma ancora capace di stupirsi davanti al pianino di Barberia che incede traballante diffondendo la sua malinconica musica, suscitando solidarietà e piacere di condivisione di gioie e dolori in una agorà destinata, ahinoi, a sparire.
Il secondo, è stato pubblicato su Espresso Sera il 21-22 ottobre 1957 (rubrica Questa città [o meglio] … c’era una volta!) L’occhiello recita: … ancora arriva qualche provinciale che non sa … Egli vaga in mezzo alle macerie della famosissima strada e non riesce a capire, non riesce a convincersi …
È un appassionato ricordo di via Maddem, delle sue case, del piacere che tutti potevano trovarvi, senza alcune differenza per il censo o il blasone, sul cui lastricato innumerevoli generazioni di maschi catanesi avevano consumato non pochi passi della loro giovinezza. Nelle sue righe Fava sottolinea più volte che l’articolo non vuole essere un elogio del lupanare, bensì la nostalgia dei vent’anni, senza tuttavia omettere che anche le donne che davano il piacere avevano (e hanno) una loro umanità, i loro sentimenti, le angosce e i desideri.
Da I passi perduti, sul cui ritaglio originale sono numerosi appunti autografi per una successiva elaborazione, Fava trasse la pièce Lamento in morte di una via, uno dei siparietti che fanno parte del copione de La Qualcosa, scritto a quattro mani con Pippo Baudo, e rappresentato al Museion nel 1959.
In via Carro, tra via Buda e via delle Finanze, in un suggestivo allestimento realizzato dal Collettivo Todo e dall’associazione Trame di Quartiere, il lirismo delle righe di Fava è risuonato grazie alla maestria di Pippo Pattavina, accompagnato dalla fisarmonica del maestro Salverico Cutuli.
Il “teatro in strada” organizzato dalla Fondazione Fava è stato per molti l’occasione di entrare nel quartiere, rivedere forse, via delle Finanze e le stradine adiacenti. Tutti esauriti i duecento posti, in entrambe le repliche. Molto interesse anche per la mostra sul quartiere, allestita da Trame di Quartiere nella propria sede di via Pistone angolo via delle Finanze, sulla progetto di rigenerazione di San Berillo, che raccomandiamo a tutti di visitare.