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Il giornalismo che cambia e quello che…dovrebbe cambiare

Una domenica pomeriggio all’insegna del giornalismo, parlando dei suoi problemi storici, ma anche delle sue sfide più importanti, dei nuovi strumenti e della speranza di un cambiamento. Un cambiamento che per prima cosa tuteli giornaliste e giornalisti. Sulla pagina Facebook della Fondazione Fava, il 7 febbraio scorso, si è svolto il webinar “Sognatori, ribelli e fuggitivi“, evento organizzato dalla nostra Fondazione, dall’associazione culturale Dahlia e dal coordinamento Giuseppe Fava – Palazzolo Acreide. Una iniziativa online, in continuità con quella svolta il 5 gennaio, per continuare a esercitare memoria.

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UN 5 GENNAIO DIVERSO, MA PARTECIPATO E RICCO DI CONTENUTI

di Massimiliano Perna

Un 5 gennaio diverso, per forza di cose. Con il mondo alle prese con la pandemia e le necessarie restrizioni, le consuete iniziative in memoria di Pippo Fava hanno avuto uno sviluppo alternativo, ma ugualmente intenso. Il presidio fisico con la deposizione dei fiori sotto la lapide non è stato svolto, ma si è trasformato in una iniziativa virtuale, sui social, organizzata dalla Fondazione, in collaborazione con WikiMafia. Naturalmente, la lapide che ricorda il grande intellettuale siciliano non è rimasta spoglia, dal momento che ci hanno pensato i familiari, nel primo pomeriggio, a deporre il mazzo di fiori in via Fava,

ma il presidio che, tradizionalmente, coinvolge anche la cittadinanza, si è trasferito sul web. Dalle prime ore del mattino, infatti, le foto dei fogli recanti le frasi di Fava, tratte da diverse sue opere, affiancate da una matita o da una penna (o da entrambe), hanno cominciato a riempire i social network, scandite dagli hashtag #pippofava ed #eranosemi. Un tam tam che ha coinvolto tanti utenti, semplici cittadini, giornalisti, nonché alcuni tra i premiati delle precedenti edizioni del Premio Nazionale Fava e del premio Giovani. A proposito del premio, l’edizione 2021, come annunciato qualche settimana fa dalla Fondazione, è stata rinviata di qualche mese, proprio per via della attuale situazione legata al Covid. Tuttavia, l’esigenza di ricordare Fava, non solo con la commemorazione ma anche e soprattutto con l’esercizio attivo della memoria, ha spinto la Fondazione a organizzare, sulla propria pagina Facebook, un webinar, ossia un incontro-dibattito online dal titolo “Triste, solitario y final: dove va il giornalismo in Sicilia?”.

Alla conferenza online, condotta dal giornalista di Domani, Attilio Bolzoni, hanno partecipato l’ex direttrice de l’Unità, Concita De Gregorio, Claudio Fava, il giornalista di Avvenire, nonché premio Fava 2020, Nello Scavo, la direttrice di MeridioNews, Claudia Campese, l’inviato de La Sicilia, Mario Barresi, l’ex direttore di LiveSicilia, Accursio Sabella.

A introdurre l’incontro è stata la presidente della Fondazione, Francesca Andreozzi, che, oltre a portare i saluti della Fondazione e a ringraziare gli ospiti e quanti hanno collaborato alla diretta, ha spiegato la necessità di parlare, in questo 5 gennaio insolito, del presente e del futuro del giornalismo in Sicilia. Il dibattito ha affrontato l’argomento da numerose angolazioni, mettendo al centro l’esigenza di difendere e promuovere seriamente e concretamente la libertà di stampa. Partendo dal Sud che, come ha ricordato Bolzoni, è stato raccontato da Pippo Fava in maniera moderna, travalicando i confini della Sicilia e delle sue specifiche problematiche. Un racconto che non è bastato a chi è venuto dopo Fava per decifrare il tempo e soprattutto il presente.

“Ci siamo adeguati all’idea – ha detto Claudio Fava – che vicende come quelle di mio padre o di Piersanti Mattarella dovessero entrare nella nostra memoria anche senza aver trovato o cercato con la dovuta perseveranza le risposte”. Lo stesso Claudio Fava ha ribadito la necessità di tutelare le generazioni di giornalisti che nel frattempo sono cresciute e che svolgono con dedizione e bravura il loro mestiere senza alcuna tutela, auspicando anche che queste generazioni “escano fuori dai salotti buoni dell’antimafia”. L’antimafia, dunque, come zavorra mitologica della quale il giornalismo non ha affatto bisogno, per raccontare sistemi di potere e paradigmi mafiosi. Concetto ripreso poi da Mario Barresi, per il quale la dizione di antimafioso “andrebbe tolta a qualsiasi categoria, non solo ai giornalisti, augurandosi inoltre che venga operata una distinzione tra chi fa il mestiere di giornalista e chi, come gli influencer, non lo fa”. Il racconto giornalistico va fatto “consumando le suole delle scarpe”, ha detto Barresi. Perché questo è “un mestiere che necessita di essere praticato, cosa che purtroppo oggi sta diventando un privilegio”. Un giornalismo che si muove ormai sempre più verso canali diversi da un tempo, specialmente online. “Bisogna essere meno snob e smetterla di dare la colpa sempre ai lettori – ha sostenuto Claudia Campese -, anzi dobbiamo  comprendere ad esempio che i social sono importanti e che sono uno strumento da maneggiare bene per sfruttarne le potenzialità, trovando il giusto equilibrio tra informazione, comunicazione e investimenti”.

A proposito di investimenti e di soldi, è stata Concita De Gregorio a porre l’interrogativo preminente in tema di libertà di stampa: “Chi paga? Da dove vengono i soldi? La libertà del giornalismo è principalmente libertà dal padrone, dal potere. Il giornalismo è libero quando si libera dal ricatto dell’editore. Oggi lavorare per un giornale è un privilegio. L’editore è chi gestisce il giornale, chi fa il palinsesto, è il padrone”. L’ex direttice de l’Unità punta il dito sulla politica, ricordando la persistenza di una legge sulla stampa che risale al 1948 e che è tecnicamente liberticida, perché rende il giornalista responsabile patrimonialmente di ciò che scrive. “Questo vuol dire – ha affermato la De Gregorio – che in Italia la libertà di stampa non esiste. La politica non ha mai modificato questa legge, nonostante cambiarla favorirebbe i giovani, che sarebbero così liberati dal potere di ricatto dei potenti e dei criminali e dal potere di arbitrio degli editori”. Un concetto che ha trovato ampio consenso tra i relatori, con Claudio Fava che ha ricordato come non esista nemmeno una legge sulle querele temerarie. “Un disegno di legge venne bloccato nella scorsa legislatura – ha ricordato Fava – da un partito trasversale, perché è una legge che toglie potere al potere. Il potere si difende anche così, non appena il tuo pensiero gli è ostile. In nome della libertà di stampa, dobbiamo allora pretendere che il prossimo governo metta tra le priorità una legge contro le querele temerarie”. Una proposta rilanciata dalla De Gregorio che ha invitato la Fondazione Fava a intestarsi questa battaglia, un invito accolto positivamente dalla presidente, nel corso dei saluti finali.

Anche Accursio Sabella ha sottolineato l’urgenza di intervenire contro le querele temerarie, aggiungendo inoltre che il giornalismo siciliano è chiamato a interrogarsi sui temi da affrontare oggi e sulla necessità, data la rapidità dell’informazione online, di investire sulla qualità dell’approfondimento piuttosto che sulla rimuneratività delle visualizzazioni e dei click.

A chiudere il dibattito è stato, infine, Nello Scavo, in collegamento dalla Croazia. Il giornalista di Avvenire ha ripreso la questione della legislazione che incide sula libertà di stampa, puntando il dito sull’arretratezza del sistema normativo italiano, che penalizza i giornalisti anche sul piano internazionale. A supporto di questa tesi ha raccontato un episodio che lo ha toccato da vicino, ossia un processo a Malta per minacce nei suoi confronti, che ha affrontato grazie al fatto di avere un giornale alle spalle capace di pagare le spese legali e le spese di viaggio per tutte le udienze. Una situazione che in pochi possono permettersi. “Non dobbiamo guardare le questioni solo in chiave interna – ha ribadito Scavo – perché le querele temerarie che conosciamo in Italia possono assumere tra qualche tempo una dimensione europea. Siamo indietro sia dal punto di vista nazionale sia da quello europeo, in tal senso”. Il giornalista premio Fava 2020, infine, ha espresso anche la sua opinione sulla questione dell’inutile etichetta di antimafiosità: “Da giornalista siciliano, andato poi via dalla Sicilia, ho provato a fare il possibile per non occuparmi più di mafia, per emanciparmi da una certa narrazione, ma il punto è che tutte le volte che mi capita di approfondire qualche inchiesta, la mafia la incrocio sempre. Anche quando ti occupi di Libia, Balcani, di Sudamerica o perfino di Cambogia ti trovi a parlare di mafia”.

Dopo quasi due ore di webinar, con tantissimi commenti, punte di 360 spettatori in contemporanea e oltre 4700 visualizzazioni totali, i saluti di Bolzoni e della presidente Andreozzi hanno chiuso un dibattito ricco di spunti e di suggerimenti da trasformare in azioni concrete nell’immediato futuro. Un modo perfetto per onorare la memoria di Pippo Fava, 37 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NATALE 2020: DUE REGALI IN UNO

Il Natale quest’anno sarà certamente diverso, le restrizioni legate alla pandemia terranno molti di noi lontani dagli affetti più cari.

Per fortuna ci sono i libri a tenerci compagnia e farci sentire meno soli, e regalarne uno è da sempre un gesto di affetto, un modo per regalare un pezzetto di noi a chi amiamo.

Questo Natale potete regalare e regalarvi un libro o un’opera grafica di Giuseppe Fava,

con il vostro regalo contribuirete anche a sostenere la Fondazione.

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l’archivio di Giuseppe Fava

Nella sempre suggestiva cornice della Corte Mariella Lo Giudice, a Palazzo della Cultura a Catania, si è celebrato il 95° anniversario della nascita di Giuseppe Fava, dedicato quest’anno alla presentazione dell’archivio del giornalista, scrittore, drammaturgo.

Francesca Andreozzi, Presidente della Fondazione Fava, ha aperto la serata con i ringraziamenti di rito all’Assessorato alla Cultura, agli attori Alessandra Costanzo, Riccardo Maria Tarci, Angelo Tosto e Orazio Torrisi, ai ragazzi che stanno effettuando il servizio civile presso il Giardino di Scidà (bene confiscato alla mafia) e che hanno prestato la loro opera curando l’accesso contingentato a causa del Covid-19, allo staff tecnico del Teatro Stabile di Catania. Subito dopo è stato proiettato un breve video di saluto inviato da Leo Gullotta, che ha sottolineato, tra l’altro, come l’impegno e la testimonianza alle idee di Pippo Fava non devono esaurirsi nei giorni canonici delle celebrazioni, ma devono essere un impegno quotidiano della società civile, che deve ricominciare ad indignarsi per le nefandezze da cui siamo quotidianamente circondati.

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memoria è impegno

Memoria è impegno. Anche quest’anno, in occasione del novantacinquesimo compleanno di Giuseppe Fava, Palazzolo Acreide commemora il suo cittadino più illustre, ucciso per mano mafiosa il 5 gennaio del 1984. Tre week end di dibattiti, proiezioni e libri che, dal 29 agosto, hanno creato spunti di riflessione collettiva su temi delicati ed attuali, dal sistema Montante alla mafia dei colletti bianchi.

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Celebriamo la Resistenza anche senza scendere in piazza

Per la prima volta nella storia della Repubblica, il 25 aprile le piazze saranno vuote. L’emergenza Covid-19 rende infatti impossibili le manifestazioni che ogni anno si svolgono nelle città italiane e nei luoghi della memoria simbolo della Resistenza. Il 25 aprile però, anche in una situazione simile, deve essere onorato, perché è la data simbolo della nostra identità democratica e per l’attualità dei valori che incarna.
La nostra Fondazione si unisce alle tante associazioni che, anche attraverso il web, celebreranno con tante iniziative la Festa della Liberazione, ricorrenza della quale, mai come oggi, c’è assoluto bisogno, soprattutto davanti a chi costantemente cerca di negarla e ridimensionarla.

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La verità oltre i silenzi: il premio Fava 2020 a Nancy Porsia, Nello Scavo e Francesca Mannocchi

Una verità che diventa denuncia di un sistema violento, i cui protagonisti sono uomini senza scrupoli, cellule spietate di un organismo famelico che riduce gli esseri umani a merce. Giornaliste e giornalisti che arrivano oltre i silenzi sospetti delle istituzioni e le complici “dimenticanze” di molti media, per raccontare ai lettori quello che avviene in Libia. Nancy Porsia, Nello Scavo e Francesca Mannocchi, in tempi diversi e per testate differenti, hanno svelato la commistione tra mafie e politica in Libia e fatto emergere l’ambiguità dei rapporti con lo Stato italiano e con l’Europa. Lo hanno fatto con inchieste faticose, complesse e rischiose, senza mai arretrare, senza arrendersi davanti all’ostilità o all’indifferenza del mainstream, mostrandoci i personaggi, l’orrore, facendo i nomi e i cognomi e ponendo domande scomode alle quali chi siede in alto e manovra le leve del potere non ha ancora dato risposta. Un lavoro individuale che è divenuto corale e che ha ottenuto ieri il riconoscimento della Fondazione Fava che, al Piccolo Teatro di Catania, ha consegnato ai tre giornalisti il premio nazionale Giuseppe Fava 2020.

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Il Liceo Copernico di Udine incontra la Fondazione Fava al Giardino di Scidà

Ieri pomeriggio al Il Giardino di Scidà – Bene confiscato alla mafia abbiamo incontrato gli studenti del liceo Niccolò Copernico di Udine. Sono qui in gita con i loro insegnanti, e hanno scelto un tour operator speciale – Addiopizzo travel – che organizza anche momenti di incontro e riflessione come questo.
Abbiamo parlato di Giuseppe Fava, della mafia a Catania, di informazione libera e di beni confiscati, ma soprattutto abbiamo parlato del ruolo fondamentale che i giovani hanno oggi, del potere che hanno per intervenire e cambiare le cose.
Speriamo che dopo questa esperienza, dopo le loro domande, approfondiscano ancora l’argomento con i lori insegnanti, familiari ed amici. e speriamo che vogliano condividere anche con la fondazione le loro considerazioni e l’idea della Sicilia che si porteranno a casa dopo questa settimana.

 

Ascoltando Pippo Fava

Un attento e incuriosito pubblico ha assistito venerdì sera, nell’amena location della Corte Mariella Lo Giudice del Palazzo della Cultura in via Vittorio Emanuele a Catania (che molti catanesi continuano a chiamare cortile Platamone) a poco più di un’ora di spettacolo teatrale in piacevole compagnia della vena umoristica di Pippo Fava, grazie alla coinvolgente lettura/interpretazione di cinque testi andati in onda nel 1977 su Radio Uno durante la trasmissione “Voi ed io” condotta, al suo tempo, dallo stesso giornalista.

Testi ironicamente tristi e, anche se diversi nei contenuti, tutti legati da un sottile (mica tanto) filo comune che ci ha riportato, giocoforza, a quel sorriso velato da una malinconia tipica del “sentimento dell’incontrario” di pirandelliana memoria. Che la protagonista del racconto fosse una prostituta, una baronessa, il pubblico di nicchia di un défilé o la (mancata) dignità, poco importa, tutto conduceva, come lo scorrere dell’acqua del fiume al mare, ad identiche, dolorose, riflessioni sulla condizione dei più deboli, degli ultimi tra gli ultimi, di chi vive distante secoli luce dai margini della società “civile” soffocati dall’alterigia e dell’artefatto buonismo dei più abbienti.

Buona performance dei tre interpreti Alessandra Costanzo, Miko Magistro e Angelo Tosto che ci hanno riportato indietro nel tempo facendoci rivivere un Pippo Fava in versione “radiofonica” incarnando i veri protagonisti della trasmissione di allora (Fava, Mariella Lo Giudice e lo stesso Miko Magistro).

Molto riuscito l’adattamento radiofonico, titolato “Dignità”, di una delle tante visite di baraccopoli che Fava condusse durante le sue inchieste di “Processo alla Sicilia” e “Processo ai Siciliani”. Straordinaria, e per nulla distante dalla verità, la scenetta della telefonata tra la baronessa, con la sua pronuncia “regale” che l’autorizzava a storpiare i nomi e… ”la realtà”, e un nauseato Pippo che si faceva scudo con il suo sarcasmo per resiste a tanto disgustosa tracotanza. La ricostruzione di un dialogo che ha esaltato due modi (polari) di percepire e affrontare specifiche tematiche sociali, ricordando nel frattempo, qualora ce ne fosse bisogno, cosa intendesse Fava per mestiere di giornalista. Possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che è stata una bella e piacevole novità per questo tipo di manifestazioni come, d’altronde, il contenuto dei testi. Un modo diverso per ricordare il genetliaco di chi amava sul serio il suo mestiere, ma così tanto da farlo coincidere perfettamente a… “un concetto etico del giornalismo”. Alla prossima.

Concetto Sciuto, su Sport Enjoy Project Magazine (15 settembre 2019)